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Franco Polizzi » Enzo Siciliano
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Dante vedeva l’inverno come un cristallo schiarito appena appena da un lume. Petrarca benediceva giorni mesi e anni, poi le stagioni il tempo l’ora «e l’punto». Matteo Bandello sentiva l’estate come un bruciore che arrostiva campi e vigneti. Per Carducci a maggio si sotterra l’amore. Per Pavese era novembre il più bel mese dell’anno, per T.S. Eliot aprile il più crudele. Per Folgore da San Gimignano tutti i mesi meritavano un sonetto, e fra essi il più bello è quello in cui il poeta ci fa vedere le feste di Carnevale quando la gente tira in aria melarance e ghirlande.

Scrivere dei mesi, delle stagioni è una bella passione letteraria. Dipingerli è una bella passione pittorica. Ci sono in Giotto le stagioni. Ma certi maestri scalpellini, o uno solo, di scuola dell’Antelami, ha scolpito per il battistero di Parma con superba forza padana le figure di tutti i dodici mesi dell’anno. C’è poi l’inverno innevato di Venezia visto da Turner, o il fondersi del solleone nell’occhio bruciato di un girasole così come lo ha colto Van Gogh. Forse l’autunno appartiene a Monet. L’estate marina, il gusto di star seduto sotto una tenda a un baretto di riviera, é cosa, invece, di Matisse. In Bonnard, direi, è quasi sempre giugno. La natura vive in noi, scorre dentro di noi come un liquido ora trasparente, leggero, ora denso, ottenebrante. Vive come una festa, o vive come un lutto: mai identica, eppure insidiosamente ripetitiva. Alcuni pittori, alcuni poeti hanno desiderato coglierne il miracolo, come appare alla vista, ai sensi; altri hanno desiderato rapirne il filosofico andare, il conflitto nascosto, l’irrimediabile dissanguamento.

A quale schiera appartiene Franco Polizzi? I suoi pastelli, polvere che pare raccolta sul foglio per ispessire, calcinare l’esistenza, ora cercano il simbolo ora si affidano all’aria piena del paesaggio. Ma di questo giovane pittore è sempre la lena della mano che ci cattura, il suo gesto come perseguitato da un bisogno ultimativo, colpito da un dolore che l’arte, l’esprimersi potrebbero cancellare.

Comunque, i suoi fogli sono poesia d’artista, fatica a raggiungere una compiutezza di visione. Fatica d’uomo, cioè. Ogni giorno della vita, infatti, ogni mese, ogni anno amerebbero essere altrettanto compiuti e risolti. Ma tutto è poi preso in un fiume senza sosta, sempre identico e mai identico.

(in Dipingere il tempo, Agenda Italtel 1987)