Deprecated: Function get_magic_quotes_gpc() is deprecated in /var/www/vhosts/francopolizzi.it/httpdocs/wp-includes/load.php on line 651
Franco Polizzi » Claudio Strinati
X

Questo artista usa un colore che è come tremante e iridescente tale da trascinare verso un’ansia di astrazione visioni ben reali e concrete. È una forma peculiare di contemplazione di un’idea del Tempo che assume una suggestione sottratta a urti violenti e “rumori”, estranei al principio fondamentale di una stasi immutabile. Si potrebbe voler vedere in questo il sedimento di una Sicilia orientaleggiante e immobile che ritorna in qualunque luogo pur remotissimo, improntando di sé la percezione estetica mista di Realtà e Fantasia. Ma l’immagine concepita da questo artista è fondamentalmente quella promanante dall’idea dell’hinc et nunc, da quella concezione del Tempo che non concepisce altra Realtà se non l’eterno presente incardinato all’individuo anche dai ricordi più remoti e insondabili, ma incalzanti verso quell’ora che, giusta la grande sentenza di Leopardi, è trasportata verso ognuno di noi dal moto stesso dell’aria e dal pulsare delle sensazioni, tanto ordinate da costituire un cosmo intangibile e perfetto, anche di fronte alle sembianze più umili o irrilevanti sul piano storico o speculativo.

C’è un’altra grande sentenza, è tratta proprio dalla letteratura siciliana; è quella del Gattopardo quando Tancredi auspica che tutto cambi affinche nulla cambi. É un’idea che può assumere una valenza estetica proprio in un artista come Polizzi, a patto però che venga letta proprio in direzione artistica, non come amaro motto politico, ma come ipotesi di percezione delle cose reali da trascrivere nello spazio della pittura. L’aura di immutabilità e intangibilità che promana dalle cose dipinte da Polizzi, non è fattore regressivo o vanamente conservativo di un ordine costituito della Realtà estetica da rispettare senza discussione, è il frutto, all’opposto, di una meditazione passata attraverso un filtro evocante certa cultura francese di gusto bonnardiano (giusta una osservazione di Vittorio Sgarbi) e quindi, in qualche modo, aristocratico, che reinterpreta il mito sedimentato di un occhio che si incanta nell’atto stesso della percezione e vede, quindi, sempre diversamente pur nella stasi del Vero. Lontananza e vicinanza sono così in questa poetica termini singolarmente complementari e compresenti, che consentono al maestro di essere nuovo e insieme antico interprete di una sorta di “magia” dell’immagine singolarmente pertinente a un’idea “eterna” della Sicilia quale terra del mito mediterraneo, alle origini stesse della conoscenza.

(Franco Polizzi in Presenze siciliane. Arte nel XX secolo, catalogo della mostra, complesso monumentale del San Michele a Ripa, Roma 1989)