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Franco Polizzi » Andrew Wordsworth
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Di Franco Polizzi si può dire quello che è stato scritto su Vermeer: «Non sa dipingere altro che ciò che ama». Seguendo l’esempio di Bonnard, o di Vermeer stesso, Polizzi preferisce lavorare con dei soggetti che sono immediatamente accessibili: concentrando l’occhio sugli oggetti che lo circondano, la casa in cui vive, le persone vicine, può sfruttare una lunga e profonda conoscenza del soggetto, che rende la sua pittura particolarmente ricca e densa. Questi soggetti, però, non sono soltanto familiari, sono anche fortemente desiderati nella tensione di un possesso difficile. Nel colpo di pennello, infatti, si coagulano l’intuizione del mondo esterno e una sorta di avidita nell’appropriarsene, e così come una carezza risveglia il desiderio, dal gesto piano, piano, una donna, una buganvillea, un campo di grano, prendono forma, colore e sensualità.

La pittura di Polizzi ha la forza contraddittoria del sole siciliano: quel sole, la cui generosità spinge la natura a nascere, a crescere, a fiorire, a dare frutti; e la cui potenza trasforma e riduce le forme naturali, concentrandone i sapori, gli odori e i colori ad una intensità senza confronti. Così Polizzi tira fuori la vitalità innata, terrena, del soggetto, e mentre il suo pennello, applicando qua e là piccole macchie di colore, lo fa palpitare, dilatare, crescere e vivere, allo stesso tempo lo riduce alla sua essenzialità; agisce infatti contro questa fecondità istintiva eliminando elementi superflui e descrittivi, libera il soggetto dal suo contesto quotidiano e lo spinge verso un senso dell’assoluto. L’accento che Polizzi mette su una forma autobiografica di pittura non è comunque soltanto espressione di una ricerca personale; è anche la sua risposta alla condizione confusa e babelica dell’arte del Novecento. Appoggiandosi su dei soggetti che conosce da anni, spesso dalla sua infanzia, riafferma l’importanza dell’osservazione diretta, della memoria e dell’esperienza, cercando così di ristabilire nella pittura contemporanea alcune delle qualità che ammira tanto nei maestri del passato. Per lui, l’arte ha un valore assoluto, non meno di quello che può avere la vita; e così come dipinge soltanto ciò che ama, l’atto di dipingere è, in se stesso, un atto di amore.

(in Opere, catalogo della mostra antologica, Palazzo Spadaro, Scicli 1994)