Con poche parole, visto che scrivere non è il mio mestiere, vorrei salutare un nuovo pittore: nuovo perché giovane ma non solo per questo. Salutarlo anche, se mi è lecito, con commozione considerando il presente rarefatto e drammatico per quella crisi che viene da lontano ma sempre più radicalmente avvertita sul corpo delle nuove generazioni (crisi di valori, come tutti diciamo, più che d’identità).
Franco Polizzi nega la sua condizione di partenza – di crisi cioè – costruendo con ostinazione e pazienza (virtù implicite in ogni vocazione) un sistema possibile di forme e di esperienze da utilizzare per sè e da mostrare agli altri.
In questa volontà di dare forma e conto alla sua presenza nel mondo attraverso la pittura vi è, consapevole o no, un sistema di valori messo in atto, senza i quali ogni linguaggio resta muto, ogni esperienza vanificata e separata.
Cosa sono questi valori, verificarli storicamente e identificarli nell’arco complesso e contraddittorio del tessuto sociale che li produce ci porterebbe lontano. Ciò che conta nel nostro caso è constatare e sottolineare, come un segno positivo di speranza, che un giovane talento impegna le sue energie, misura i suoi sforzi e i suoi limiti (rischiando la sua identità mentre la cerca nell’intricato groviglio della tradizione) per stabilire “continuità”; per dire ancora o tentare di dire “come socialità in atto” ancora della possibile e controversa bellezza del mondo.
(in catalogo della mostra personale, Galleria Ponte 2, Ragusa 1979)